Grazia DeleddaNasce a Nuoro (Sardegna, Italia) il 28 settembre 1871. Battezzata Grazia Maria Cosima Damiana, è quinta nata di un'agiata famiglia nuorese, con quattro sorelle e due fratelli. Il padre, imprenditore, proprietario di una tipografia ed editore di una rivista locale, era stato anche sindaco del capoluogo. Istruita, oltre la quarta elementare, con un istruttore in italiano, latino e francese, proseguirà poi da sola la sua formazione da autodidatta, particolarmente interessata alla letteratura russa e francese.Invia dei suoi racconti alle case editrici e nel 1888 "Sangue sardo" e "Remigia Helder" vengono pubblicati a Roma da Epaminonda Provaglio sulla rivista L'ultima moda dall'editore Perino, come il romanzo a puntate "Memorie di Fernanda". Nel 1890 sul quotidiano di Cagliari Avvenire di Sardegna le viene pubblicato a puntate il romanzo "Stella d'Oriente" (firmato con lo pseudonimo Ilia di Saint Ismael), mentre esce a Milano il volume di novelle per l'infanzia "Nell'azzurro!..", per l'editore Trevisini. Esce per Perino "Fior di Sardegna" (Roma, 1891). La giovanissima autrice riscuote la simpatia e l'apprezzamento di Provaglio, di De Gubernatis e di Bonghi. Nel frattempo una serie di disgrazie si abbatte sulla famiglia: il fratello maggiore abbandona gli studi e finisce alcolizzato, il fratello minore viene arrestato per piccoli furti, il padre muore per crisi cardiaca alla fine del 1892 e morirà anche una sorella nel 1896. Con questa successione di sventure, anche la situazione economica familiare diventa sempre più difficile. Collabora con La Sardegna e Nuova Antologia (Le Monnier). Sulla Rivista delle tradizioni popolari italiane di Angelo de Gubernatis viene pubblicato a puntate, tra il 1891 e il 1896, il saggio "Tradizioni popolari di Nuoro in Sardegna". Nel 1896 il romanzo "La via del male" (Speirani e figli, Torino) viene recensito con favore da Luigi Capuana e nel 1897, per la stessa casa editrice, esce la raccolta di poesie "Paesaggi sardi". Nell'ottobre del 1899 si trasferisce a Roma e nel 1900 si sposa con Palmiro Madesani, originario del mantovano ma conosciuto a Cagliari solo due mesi prima. Dopo il matrimonio, l'uomo lascia il lavoro di funzionario statale per impegnarsi interamente alla promozione letteraria della moglie (con la quale avrà due figli, Franz e Sardus): una pianificazione e una promozione intelligente che darà i suoi frutti. Nel 1903 viene pubblicato in volume "Elias Portolu" (già a puntate in Nuova Antologia nel 1900), cui fanno seguito "Cenere" (1904), "L'edera" (in Nuova Antologia, 1908), "Sino al confine" (Treves, 1910), "Canne al vento" (ne L'illustrazione italiana e in volume, Treves, 1913), "L'incendio nell'oliveto" (Treves, 1918), "Il Dio dei viventi" (Treves 1922): opere che per stile e argomenti incontrano l'approvazione anche di Giovanni Verga. Collabora con altre riviste, come il Giornalino della domenica di Vamba e Novella di Mario Mariani. Il 10 dicembre 1926 le venne conferito il premio Nobel per la letteratura, unica donna italiana a ricevere questo riconoscimento, almeno nel suo secolo. Sofferente da tempo di un tumore al seno, non risce a completare il suo ultimo romanzo "Cosima, quasi Grazia" (che sarà pubblicato nella rivista Nuova Antologia a cura di Antonio Baldini). Muore a Roma (Italia) a sessantacinque anni, il 15 agosto 1936. Le spoglie saranno custodite in un sarcofago di granito nero nella chiesetta della Madonna della Solitudine, ai piedi del monte Ortobene di Nuoro. La sua casa natale, nel centro storico di Nuoro (Santu Predu), è casa-museo. Nel 1985 le viene intitolato un cratere di 32 chilometri di diametro sul pianeta Venere. MEDIA
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