Museo del fumetto e della comunicazione – fondazione@francofossati.eu | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Enzo BiagiNasce a Pianaccio (frazione di Lizzano in Belvedere, Bologna, Italia) il 9 agosto 1920. A Bologna con la famiglia dall'età di nove anni, si innamora del giornalismo quando legge il romanzo "Martin Eden" di Jack London e perseguirà per tutta la vita il sogno degli anni giovanili, di diventare un giornalista "vendicatore dei torti e delle ingiustizie del mondo". Mentre frequenta l'istituto tecnico per ragionieri dà vita con dei compagni al foglio studentesco Il Picchio, che viene presto soppresso dal regime fascista, pur non toccando che argomenti scolastici.Nel 1937 pubblica il suo primo articolo sul quotidiano L'Avvenire d'Italia (un pezzo sul crepuscolarismo di Marino Moretti), iniziando una collaborazione che gli consente di apprendere come sia strutturato un giornale e come operare la cosiddetta "cucina editoriale". Nel 1940 viene assunto dal quotidiano Carlino Sera (edizione pomeridiana de Il resto del carlino). Esonerato dall'arruolamento (per problemi cardiaci) nel 1942, si sposa nel 1943 con Lucia Ghetti, maestra di scuola. Dopo l'8 settembre si unisce alla Resistenza in montagna, nelle brigate Giustizia e Libertà del Partito d'Azione, operando come staffetta e realizzando da solo il foglio partigiano di informazione e propaganda Patrioti, durato quattro numeri, fino alla distruzione della tipografia da parte dai tedeschi. Nel 1945 rientra a Bologna con i liberatori e spetta a lui diffondere l'annuncio via radio. Riprende il suo posto di giornalista a Il resto del carlino (rinominato temporaneamente Giornale dell'Emilia) come critico cinematografico e inviato speciale (primo Giro d'Italia nel 1947, matrimonio della principessa Elisabetta d'Inghilterra). La sua posizione contraria alla bomba atomica non viene però gradita dal quotidiano. Viene chiamato a Milano da Bruno Fallaci, direttore del settimanale Epoca (Mondadori), che lo assume come caporedattore. Trasferitosi quindi con la famiglia nel capoluogo lombardo, nella primavera del 1953 si trova a sostituire il nuovo direttore Renzo Segala (in viaggio nesgli Stati Uniti) proprio mentre scoppia uno scandalo nazionale, il "caso Montesi", che coinvolge esponenti dell'alta società e della politica romana. La gestione dell'informazione, condotta senza timori e senza remore, gli guadagna l'apprezzamento dell'editore, che gli offre la direzione della testata, e dei lettori (con un'impennata della diffusione), ma anche la diffidenza degli ambienti governativi. È direttore di Epoca, quindi, dal 1953 e guida la rivista in quello che da molti verranno indicati come gli anni d'oro della rivista. Nel 1960 si esprime contro il governo monocolore democristiano del ministro Tambroni (appoggiato dalle destre nostalgiche del fascismo), responsabile della repressione nel sangue delle proteste operaie a Reggio Emilia: di conseguenza gli viene tolta la rivista. Inviato del quotidiano torinese La Stampa, dal dicembre 1960 è anche direttore di una nuova testata, Allegria, la rivista del ragazzo italiano, pubblicata dall'azienda dolciaria milanese Motta, con redazione negli uffici di viale Corsica-viale Campania dove vengono prodotti i celebri panettoni (e dove cinquant'anni dopo nascerà il museo del fumetto).
Collabora con il Corriere della Sera e La Stampa, poi con il settimanale L'Europeo. Chiamato a dirigere il settimanale Novella (dell'editore Rizzoli), lo trasforma nella testata di cronaca rosa Novella 2000, portando la diffusione a numeri record. Nel 1968 torna alla RAI per realizzare nuovi programmi. Nel 1971 è chiamato a dirigere Il resto del carlino, trentun anni dopo la sua prima assunzione, avvenuta proprio in questo quotidiano. Opera da subito per trasformare la testata e portarla ai livelli di una diffusione nazionale... ma ancora una volta si scontra con la piccola bottega politica. Le pressioni lo conducono alle dimissioni in pochi mesi. Ritorna a Milano, al Corriere della sera, nello stesso anno e collabora per alcuni anni con la testata di via Solferino (aiutando anche l'amico Montanelli a far nascere Il Giornale nel 1974). Nel 1977 ritorna anche in RAI, perfezionando l'informazione con il sistema dell'intervista, condotta sempre in modo libero da schemi e condizionamenti, come quella al presidente libico Gheddafi dopo la strage di Ustica, inizialmente bloccata dal governo ma poi trasmessa integralmente. Nel 1978 inizia un rapporto editoriale con la casa editrice Mondadori per pubblicare in volumi una "Storia d'Italia a fumetti" che verrà più volte ristampata e in più forme. I testi suoi e dei suoi collaboratori sono illustrati, episodio dopo episodio, da firme scelte del Fumetto italiano e internazionale. A questa prima serie di volumi ne seguiranno altre, estendendo il progetto alla storia del mondo e alla conoscenza dei popoli, delle civiltà, delle invenzioni. L'impostazione è simile a quella della Histoire de France (Larousse, Parigi, 1976-1978), ma la firma "Biagi" che campeggia nelle copertine è garante dei contenuti e trascina la diffusione. Nel 1981 lascia il Corriere della sera, dichiarando di non poter più restare in quell'ambiente dopo che lo scandalo sulla loggia massonica segreta P2 aveva portato alla luce il controllo esercitato da Licio Gelli e la sua organizzazione sulla casa editrice, oltre che su un numero significativo di esponenti dell'informazione, dello spettacolo, della politica e del mondo imprenditoriale, in modo finalizzato al lucro e al potere. Comincia quindi a collaborare come editorialista con il quotidiano La Repubblica di Eugenio Scalfari, restando lontano dal Corriere fino al 1988. Nel frattempo crea nuove trasmissioni di successo per i canali RAI ("Film Dossier", "Guerra e dintorni", "Linea diretta", "Spot", "Che succede all'Est?", "Una storia") fino a "Le inchieste di Enzo Biagi" (1993-1994) e, dal 1995 "Il fatto". Nel 2001 cominciano i guai con il nuovo regime che si sta instaurando in Italia con la "discesa in campo" di Silvio Berlusconi e del suo partito-azienda Forza Italia: le interviste scomode ai nuovi potenti vengono osteggiate e il parlamentare di destra Maurizio Gasparri chiede la censura e il suo allontanamento dalla RAI (ma l'ente di garanzia nelle comunicazioni lo assolve). Nell'aprile del 2002 il nuovo presidente del Consiglio, Sivio Berlusconi, durante un viaggio in Bulgaria, rilascia una dichiarazione all'ANSA augurandosi che la nuova dirigenza RAI impedisse l'"uso criminoso della televisione pubblica" perpetrato dai giornalisti Enzo Biagi e Michele Santoro e dal comico Daniele Luttazzi. Al cosiddetto "editto bulgaro" Biagi risponde direttamente la sera stessa con una dichiarazione in difesa della libertà di stampa che entrerà nella Storia della televisione italiana, concludendo "è meglio essere cacciati per aver detto qualche verità, che restare a prezzo di certi patteggiamenti". Boicottato dalla nuova dirigenza fino all'estromissione dai palinsesti, non rinnova quindi il contratto con l'emittente che scade il 31 dicembre 2002 e la RAI perde così dopo quarant'anni una delle sue firme più importanti e qualificate. Colpito da due gravi lutti (la moglie Lucia nel 2002 e la figlia Anna nel 2003), negli ultimi anni collabora ancora con diverse testate cartacee e talvolta ritorna, come ospite, in trasmissioni televisive condotte da giornalisti amici come Santoro e Fazio. Il 22 aprile 2007 ritorna anche in RAI con un nuovo contratto per la trasmissione "RT - rotocalco televisivo", e la dedica al 25 Aprile e alla Resistenza, declinata in tutte le sue forme. Il primo breve ciclo si conclude in giugno, ma non riprenderà dopo la pausa estiva: le condizioni di salute del giornalista non lo rendono possibile. Muore a 87 anni a Milano (Italia) il 6 novembre 2007. Al fumerale, per suo desiderio, viene suonata la canzone dei partigiani "Bella ciao" e l'inumaione avviene nel cimitero del suo paesino natale.
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