Pantera BiondaAffascinante eroina dalla chioma bionda e il corpo ben modellato, Pantera Bionda viene allevata da un'anziana cinese nelle foreste del Borneo e nelle isole dell'arcipelago della Sonda. Si muove tra gli alberi con l'agilità di Tarzan, è un'abile cavallerizza, tira con l'arco e si batte con la determinazione di una pantera. Combatte contro loschi criminali di ogni risma e contro alcuni reparti giapponesi che alla fine della Seconda guerra mondiale hanno rifiutato la resa e si dedicano a una sorta di guerriglia privata ai danni delle popolazioni malesi.Succintamente vestita con un perizoma di pelle di leopardo coordinato con il reggiseno, aggressiva e indipendente, si avvale dell'aiuto di Fred, un muscoloso esploratore statunitense al quale è legata sentimentalmente. Appare il 24 aprile 1948 nelle edicole italiane di un'Italia liberata dal fascismo e, si spera, anche dal moralismo e dalla rigida censura del regime. L'editore Pasquale Giurleo prende spunto da analoghe eroine statunitensi (come Sheena e Nyoka, per fare solo due nomi), tarzanidi ben disegnate che uniscono la bellezza fisica alla forza e all'abilità. I testi sono di un Gian Giacomo Dalmasso al culmine della creatività e la realizzazione grafica è affidata a Ingam, alias Enzo Magni, che offre qui la sua prestazione migliore e di maggiore successo. A fianco del maestro si aggiungono altri autori, per mantenere i ritmi produttivi, ma la loro firma non apparirà mai. Il più giovane del gruppo è il ventenne Mario Cubbino, autore esordiente ma già molto bravo, al quale viene affidata soprattutto la raffigurazione del corpo dell'eroina (elemento non indifferente), mentre i volti sono ancora eseguiti dagli autori più anziani ed esperti. Le proteste dei perbenisti si alzano immediatamente, soprattutto dagli ambienti cattolici, e creano problemi all'editore, che viene trascinato in tribunale con l'accusa di essere un traviatore di giovani e di oltraggiare "il comune senso del pudore". Così, per evitare guai, le pagine già fotografate vengono ritoccate in pellicola prima della stampa: l'elegante perizoma diventa un gonnellino, sempre più lungo (si notano anche due livelli di "aggiunte" per immagine), fino ad arrivare al ginocchio; alla Pantera viene fatto ritrovare un baule pieno di vestiti e lei deve mostrarsi felice di indossare una camicetta sopra al reggiseno originario; perfino i piedi nudi devono essere celati perché considerati troppo sexy. In realtà pare evidente che in questa eroina disturbino il senso di indipendenza, la parità assoluta con il partner maschio, la capacità di esprimere un ruolo da protagonista sempre appartenuto all'altro sesso. Infatti tutta la buona volontà dell'editore per ridurre l'effetto "glamour" si rivela inutile. Con l'eroina avvilita sempre di più a una castigatezza obbligata e di conseguenza con le vendite in edicola in calo costante (dopo aver superato le 100.000 copie settimanali), gli attacchi non cessano e la magistratura infierisce. Con il n. 108 della serie, l'editore deve mettere la parola fine. L'ultimo tragico sberleffo ai benpensanti è nella conclusione: l'eroina regolarizza con il matrimonio la sua convivenza con il compagno, vestita di tutto punto, come in una resa ai suoi persecutori: ma la serie così finisce, e ai bigotti rimane una vittoria ben misera, visto che questo episodio censorio sarà riportato negli anni a venire come perfetto esempio di violenza intellettuale e di bigottismo in tutti i saggi e le storie del fumetto di tutto il mondo. MEDIA Un film statunitense del 1952, "Bad Blonde", all'arrivo nelle sale italiane vede il proprio titolo tradotto in "Pantera Bionda" con l'evidente scopo di sfruttare la popolarità della testata, ormai chiusa ma con un'importante traccia nella Storia del fumetto e con una solida impronta nell'immaginario collettivo. Testate del CATALOGO DEL FUMETTO ITALIANO: | ||
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