Giambattista CastiNasce ad Acquapendente (Viterbo, Italia) il 29 agosto 1724. Entrato a dodici anni in seminario a Montefiascone (Viterbo, Italia), vi studia fino al 1744. Nel 1747 è canonico della cattedrale e nel 1752 ha per poco tempo l cattedra di eloquenza, che riconquista nel 1759. Frequenta abitualmente Roma, dove è accolto nell'Accademia dell'Arcadia e pubblica nel 1762, sotto il nome arcadico di Niceste Abideno, la fortunata raccolta di sonetti "I tre giuli", dedicandola alla principessa Giustiniani. Inaugura così un genere di verseggiamento indirizzato a piacere soprattutto nei salotti, spiritoso e ammiccante, vagamente spregiudicato, che sarà sempre la sua caratteristica.Da Roma si sposta presto a Firenze (1765), alla corte del granduca Leopoldo, futuro imperatore d'Austria, e il gradimento delle sue composizioni nei salotti lo conduce a essere nominato di "poeta della Real Casa". Nel 1772 raggiunge Vienna, al seguito del conte Orsini Rosenberg, contando di entrare nelle grazie dell'imperatrice Maria Teresa, madre di Leopoldo. Costretto invece a seguire i suoi vari protettori in missioni diplomatiche nelle corti europee, vede ritardare le sue speranze. Scrive nel frattempo i libretti di due opere per Giovanni Paisiello: "Lo sposo burlato" (1778) e "La finta amante" (1780). Le sue doti e abilità poetiche non sono però sufficienti a grantirgli nel 1782 il posto a corte lasciato vacante dalla morte di Pietro Metastasio. A Pietroburgo in più occasioni, dalla frequentazione della corte russa trae ispirazione per il "Poema tartaro" (1783), una satira impietosa della zarina Caterina II. Rientrato finalmente in Austria, si dedica ancora a scrivere libretti d'opera per Giovanni Paisiello ("Il re Teodoro in Venezia", 1784) e per Antonio Salieri ("La grotta di Trofonio", 1785, e "Prima la musica e poi le parole", 1786), poi si stabilisce temporaneamente in Italia. Alla fine del 1791 ritorna ancora a Vienna, dove è finalmente imperatore, con il nome di Leopoldo II, il suo vecchio protettore. Arriva a Vienna quando l'imperatore è già morto, prematuramente (il 1° marzo 1792), ma il figlio Francesco I lo nomina comunque poeta ufficiale di corte. Continua dunque a scrivere testi che verranno poi musicati. Nel 1798 si reca a Parigi per pubblicare alcuni lavori, tra i quali (nel 1802) "Gli animali parlanti", un poema epico in 26 canti, un'Origine e 4 Apologhi, che è considerato la sua opera più famosa (ispiratrice anche de "I paralipomeni alla Batracomiomachia" del Leopardi). Muore a Parigi (Francia) il 15 febbraio 1804. Nel 1804 vedono la luce anche le "Novelle galanti", racconti in versi.
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