Giovanni Gandini, un amico
In via Spiga si entrava in un giardino interno, poi su per una scaletta buia
fino all'ingresso di un piccolo appartamento. Era la redazione di Linus. In
cima alla scala c'era la prima stanza, dove lavoravano Fulvia e Cettina, al
lavoro "serio" (la posta, l'amministrazione, ecc.). Nella stanza che aveva
le finestre sul giardino c'era l'ufficio dove Linus (anzi, "il Linus", come
si diceva alla milanese) veniva preparato. Una stanza con un camino, sempre
spento, quasi tutta occupata da un grande tavolone quadrato. Da una finestra
era man mano entrata una vite americana che cominciava a propagarsi su una
parete. A questo tavolo lavoravano Giovanni Gandini e Ranieri Carano e ogni
tanto Oreste Del Buono.
Quando era uscito Linus, devo essere stato il primo lettore a leggerlo.
Erano le sei del mattino e io stavo andando alla redazione di Gamma fantascienza. All'edicola della stazione, mentre compravo un quotidiano,
buttarono giù un pacco. Un fascicolo verde, con su Linus e la sua copertina. Mi
ricordo che lo lessi tra l'ammirato e il furioso (a Gamma stavamo
baloccandoci con l'idea di fare una rivista a fumetti con i Peanuts) e
conclusi da esperto: "Una bella rivista, ma commercialmente non durerà sei
mesi..." Sei mesi dopo lavoravo al Linus come redattore e grafico.
Con Gandini l'atmosfera era rilassata. Non sembrava nemmeno di lavorare. Si
parlava, si discuteva pacatamente (mi sembra ancora di sentire la sua voce
baritonale) e ci si divertiva. Il suo atteggiamento verso il giornale era
particolarissimo: lo faceva per sé, per qualche amico e per un pubblico
ristretto che stimava. Il fatto che dopo un anno cominciasse ad avere un
successo clamoroso lo contrariava. Diceva che il successo ti condiziona, e
poi va a finire che si fa una pubblicazione commerciale. Infatti, al culmine
del successo vendette la rivista a Rizzoli, credo un fatto unico nella
storia dell'editoria. Quando sotto un Natale vennero a fare un servizio con
Cochi & Renato, non si era fatto nemmeno vedere, e avevo dovuto rispondere
io alle domande di un regista spocchioso.
In seguito mi invitò a lavorare a una nuova rivista, grande come un
lenzuolo, Il Giornalone, che non ebbe successo e dovette chiudere presto
("Però ci siamo divertiti, Alessandri, no?" mi disse).
Io lavoravo dietro il deposito dei libri dall'altra parte del giardino. Non
mi convocava, veniva lui. Mi ricordo la sua voce baritonale, che proveniva
da dietro un enorme scaffale di libri che stava aggirando per entrare nel
mio "ufficio". Invece di provare quel minimo di allarme che sul lavoro si
prova quando si è interpellati dal capo, con lui si provava un senso di
rilassamento. Era un amico.
Ed era sensibile. Quando si era deciso di mantenere solo quei pochi autori
italiani, amici come Crepax e Lunari, non se la sentiva di rifiutare
personalmente autori nuovi (cosa necessaria editorialmente per una serie di
motivi di cui vi faccio grazia), e così aveva rifilato a me l'orribile
bisogna. Fra quelli a cui dovetti dire no c'era anche un timido Bonvi alle
prime armi...
Anche se non pensavo che a questa notizia della sua morte avrei ricevuto una
tale mazzata, in un certo senso sono contento che ci siamo persi di vista in
questi ultimi anni, con lui che aveva perso la voce, con noi che siamo
invecchiati. Almeno me lo ricordo così: "Alessandri, che ne dice di fare per
Natale qualche bel poster con Snoopy?" Perché non ordinava mai, chiedeva. E
ti dava del lei.
Ferruccio Alessandri
Questo ricordo di Giovanni Gandini è stato scritto da Ferruccio Alessandri immediatamente dopo aver avuto la notizia della scomparsa dello scrittore ed editore di Linus. Nato nel 1929, Gandini è scomparso a 77 anni a Milano venerdì 17 febbraio 2006.
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